Revenge porn: l’intimità violata

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Si chiama revenge porn, che in inglese significa “pornografia per vendetta”, e indica la condivisione pubblica, attraverso internet, di fotografie e video ricevuti o realizzati insieme al proprio partner in un momento di intimità.

I responsabili di questo gesto così meschino sono soprattutto ex fidanzati o mariti che non l’hanno presa bene, e si sentono in diritto di sfogare la propria frustrazione, violando ogni forma di privacy e rispetto nei confronti della partner. Tutto questo è accompagnato da un ulteriore abuso: pesanti commenti a sfondo sessuale, insulti ed incitazioni alla violenza. 

In alcuni casi, queste immagini sono addirittura realizzate al computer, ritoccando appositamente fotografie scattate con tutt’altro intento, ad esempio in bikini al mare, e pubblicate dalle ragazze sui propri profili social. 

Protetti dalla privacy

La circolazione in rete di questo materiale è estremamente rapida e avviene soprattutto attraverso le applicazioni di messaggistica istantanea, come Whatsapp. Fra queste, la preferita sembra essere Telegram, che offre la possibilità di creare i cosiddetti supergruppi, in ciascuno dei quali possono interagire fino a 75 mila utenti contemporaneamente. 

Inoltre, i sofisticati sistemi di crittografia che proteggono la riservatezza di questa chat, rendono impossibile per le autorità controllare adeguatamente cosa succede sulla piattaforma. Così gli utenti possono nascondersi dietro l’anonimato e sentirsi al sicuro da ogni conseguenza. Per questo motivo, proprio Telegram, un tempo considerato la chat dei professionisti, ultimamente è diventato tristemente celebre come il più grande network di revenge porn italiano. 

Due facce della stessa medaglia

Spesso consideriamo il web come un semplice passatempo, e quindi interagiamo con i suoi contenuti, li condividiamo e li commentiamo senza valutare le conseguenze del nostro comportamento. Scrivere attraverso una tastiera e dietro uno schermo ci dà la sensazione di essere irriconoscibili, di diventare invisibili. Inoltre, ciò che accade in rete, appare lontano, un po’ impersonale, quasi irreale.  

Invece, la linea di confine tra reale e virtuale non è poi così marcata, anzi non lo è per niente. Dietro ogni video o fotografia c’è una persona vera, con la sua vita, la sua famiglia, la sua storia. Virtuale e reale sono due facce della stessa medaglia. 

Abusi virtuali con conseguenze reali

Internet in generale, ed i social network in particolare, sono considerati mezzi di comunicazione adatti a tutti, in cui chiunque è libero di comunicare la propria identità nella forma che preferisce. 

Ma questo non è sempre vero per le donne, che sono costrette a limitarsi o a rivedere i modi di esprimere se stesse, perché devono tutelarsi dal rischio di abusi che definire virtuali è un eufemismo. Infatti, compromettere la reputazione di una persona sul web ha conseguenze nella vita vera. 

La cronaca riporta numerosi casi di donne che hanno visto pregiudicare il rapporto con la loro famiglia, con il nuovo partner e perso il posto di lavoro. Molte di queste arrivano al punto di togliersi la vita a causa di queste violenze che, se pur consumate su un mezzo virtuale, restano violenze a tutti gli effetti: verbali, psicologiche e fisiche. 

Il cambiamento più importante

È scontato pensare che sarebbe opportuno obbligare le piattaforme come Telegram a rendere tracciabili i contenuti, e soprattutto l’identità degli utenti delle chat. Fa ben sperare poi, che la legge abbia agito riconoscendo il revenge porn come reato penale; ma il vero problema alla base di questo fenomeno è il modo di pensare degli uomini, ed è proprio questo che deve cambiare. 

Infatti, oggi noi donne sembriamo finalmente libere di esprimere la nostra sessualità e di giocare nella coppia con le modalità e i tempi che preferiamo, e nessun uomo dovrebbe sentirsi in diritto di diffondere le nostre foto intime quando la storia arriva al capolinea. 

Negli anni sono stati smantellati molti tabù sul nostro corpo e la maniera in cui decidiamo di mostrarci online non dovrebbe autorizzare nessuno a trattarci come se fossimo figurine da scambiare per completare l’album.  

Ma la verità è che il muro dei pregiudizi nei nostri confronti non è ancora crollato e questi comportamenti lo dimostrano: sono lo specchio di una profonda fragilità ed insicurezza, piuttosto che di una presunta virilità. 

Naturalmente sappiamo bene che non tutti gli uomini sono così. Ed è proprio dagli uomini che può, o meglio deve partire il cambiamento, cominciando col mettere in discussione il modo di vedere la donna, parlarne, scherzarci su; minimizzare la gravità del fenomeno o peggio, pensare che quelle donne se la sono cercata li fa comunque assomigliare a chi in quei gruppi ci continua a navigare.

Per far sì che questa evoluzione si realizzi, abbiamo bisogno di stare tutti dalla stessa parte. 

Camilla Deponte
Rosy Marchitelli

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1 commento

  1. È l’ennesima dimostrazione della volgarità vuota e meschina, degli incapaci che, solo dietro una tastiera rivendicano il ruolo di potere perduto con la crescita continua ed incontrovertibile della femminilità di genere.

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